Carola Gatta

Blue

“Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile.
Ma soprattutto il mare chiama.
Non fa altro, in fondo, che questo: chiamare. Non smette mai, ti entra dentro, ce l’hai addosso, è te che vuole. Puoi anche fare finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita. Instancabilmente, li sentirai chiamare. Succede in questo purgatorio di sabbia. Succederebbe in qualsiasi paradiso, e in qualsiasi inferno. Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà”.
(Oceano Mare di Alessandro Baricco).

Perché l’uomo da sempre prende il mare come simbolo di libertà? Cosa fa dell’acqua un elemento così vicino eppure così sfuggevole all’animo? Cosa lo rende immutabile nei secoli e diverso a ogni istante, a ogni sguardo, a ogni raggio di luce? Perché la sola vista del mare calmo sa darci pace? Perché abbiamo l’irrefrenabile impulso di navigarlo, attraversarlo, conoscerlo in ogni goccia che lo compone?
L’idea di BLUE nasce proprio da queste domande, e da un viaggio. Nasce in mezzo al mare, quello di Ponza, una delle isole più suggestive del Tirreno, la più grande dell’arcipelago Pontino. Da Roma basta un’ora di macchina e un traghetto e il mare è lì, ad attenderti con la sua luce, che non è quella che ti sei lasciata alle spalle, è più intensa, piena, spessa. È diversa a ogni ora del giorno, anzi, è proprio lei, e la sua combinazione con l’acqua, a scandire il passare del tempo in un luogo in cui il tempo sembra non esistere.
Il mare non è mai fermo e la luce, attraverso i suoi movimenti, dipinge un paesaggio sempre dissonante al precedente. Basta voltare lo sguardo, mettere la testa sotto l’acqua, tuffarsi e tutto, irrimediabilmente, muta.
Ho quindi deciso di fermarli il mare e la sua luce, di catturarli nell’istante in cui si incontrano, l’attimo esatto in cui si fondono per creare qualcosa di unico, di magico, di irripetibile. Ho utilizzato la mia Nikon Aw 130 per trasformare quella che era una vacanza in famiglia, in un modo per riflettere sul mare, sulla luce e sull’idea di libertà che c’è dietro. Perché l’acqua tira fuori la voglia di pensare. E da qui l’idea di immagini astratte, che potessero regalare a tutti le emozioni e il dinamismo, nelle sue forme e nei suoi colori. Anche per chi, come me, non è una grande nuotatrice, né tantomeno pratica nuoto subacqueo, ma che almeno una volta è stata con lo sguardo a pelo d’acqua a vedere il mutare del mare o immersa e con gli occhi – in questo caso l’obiettivo – puntati alla superficie a catturare la luce che filtra nel mare limpido e cristallino, cambiandone il colore.
In queste immagini c’è tutto il mio rapporto con il mare. Ho cercato di trasmettere le emozioni che si provano durante un tuffo, gli schizzi, gli spruzzi, le bolle, l’impatto freddo con la sua superficie, il silenzio avvolgente, il blu intenso e le sagome del mondo esterno distorte dall’incresparsi dell’acqua.

Project Details

Questo progetto è stato esposto l'8 marzo 2017 all'Ex-Dogana, durante la serata FEMALE IN MARCH, organizzata dall'associazione FEMALE CUT.

Il progetto è stato esposto presso la libreria Fahrenheit 451, in piazza Campo de' Fiori a Roma, dal 9 al 29 settembre 2017.